Ricorso solo contro ADER: vademecum della Cassazione sulla chiamata in causa dell' Ente impositore.

Il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche all'invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell'ente impositore quanto del concessionario, senza che tra i due soggetti sia configurabile un litisconsorzio necessario.

Nel caso in cui il contribuente svolga contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, permane l'onere per l'Agente della riscossione, che voglia andare esente dalle eventuali conseguenze della lite, di chiamare in giudizio l'ente creditore in ossequio all'art. 39 del DLGS 112/1999.

La chiamata in giudizio prevista e disciplinata dall'art. 39 del DLGS 112/1999, questa Corte, con orientamento ormai consolidato, la qualifica come litis denuntiatio, senza la necessità di un'autorizzazione da parte del giudice.

Non di meno sussiste la concorrente facoltà processuale dell'Agente della riscossione - ove sia l'unico destinatario dell'impugnazione della cartella di pagamento - di chiamare in causa l'ente creditore nelle forme dell'art. 23 DLGS 546/1992 e dell’articolo 269 codice procedura civile,  implicitamente richiamato dalla prima disposizione.

Di conseguenza, l'Agente della riscossione che prescelga tale ultima forma di coinvolgimento dell'ente creditore deve formulare l'apposita istanza al giudice con l'atto di costituzione da depositarsi, ai sensi dell'art. 23 del DLGS 546/1992, entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso.

La richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa dell'ente impositore deve essere ricondotta nel paradigma dell'art. 106 codice procedura civile, con la conseguenza che la mancata autorizzazione costituisce oggetto di una valutazione discrezionale del giudice di primo grado, incensurabile in sede d'impugnazione.

La società della riscossione non ha formulato un'istanza di chiamata in causa dell'Agenzia delle entrate rispondente, sotto il profilo contenutistico, al paradigma di cui agli artt. 23 DLGS 546/1992 e 269 cpc, avendo la stessa richiesto alla Commissione tributaria provinciale:

«in via preliminare accertata la totale estraneità di Equitalia Nomos s.p.a. ai fatti per cui è causa [...] dichiararsi il difetto di legittimazione passiva dell'Agente della riscossione e [...] conseguentemente onerare parte ricorrente a disporre la chiamata in causa dell'Agenzia delle Entrate [...] in quanto litisconsorte necessario».

Per contro, affinché possa ritenersi configurabile una valida chiamata di terzo, la parte convenuta, nel redigere la comparsa di risposta, deve assolvere ad un duplice adempimento di carattere contenutistico consistente nell'espressa formulazione della domanda di chiamata del terzo in causa, corredata dell'esposizione dei fatti e delle ragioni sui quali trova fondamento, e nella formulazione di un'istanza rivolta al giudice di spostamento dell'udienza al fine di garantire al terzo, una volta che abbia luogo la sua evocazione in giudizio, i termini a comparire.

Nel caso di specie, nessuno dei suddetti contenuti è rinvenibile nelle controdeduzioni depositate dalla società di riscossione in prime cure, dalle quali è enucleabile esclusivamente una sollecitazione del potere giudiziale di integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario.

Pertanto, in assenza di una valida e tempestiva istanza di chiamata in causa dell'ente creditore, la nullità procedimentale prospettata dalla ricorrente non è configurabile.

Cassazione Civile ordinanza n. 8808 del 30-03-2021